Il poeta dell’edelweiss

 Alpen_Edelweiß,_Leontopodium_alpinum_2

Non so

se mi risponderai.

Tutto preso, come sei

ad inseguire fantasmi

del passato,

a formulare teorie

del possibile,

a catturare

l’attimo che fugge,

nella tagliola insidiosa

del bicchiere.

Eppure,

scrivi poesie

che mi lasciano dentro

sementi di luce

che germogliano lune,

e m’innamora

la studiata congettura

del tuo verso malinconico,

parimenti al canto

d’usignolo nella gabbia.

Leggendoti,

mi palesi il vaneggiare

sommesso di utopie,

alle quali ti aggrappi,

come bimbo all’altalena,

quando vola.

Mi appari canuto,

invecchiato lo spirito

che per elezione del fato

ereditò innocenze,

e sfugge all’analisi

il tuo sguardo

mentre innalzi

il logorato alibi

del vivere,

ad assolvere dimenticanze.

Non so capire,

le tue dicotomie

laceranti,

non assolvo

colpevoli silenzi,

So che non risponderai.

Tutto preso come sei

nella conta del reso,

a impilare manoscritti

come papiri preziosi

da sottrarre all’attacco

del tarlo,

a navigare nella polvere

della tua scrivania

sommersa di post scriptum,

ad inseguire il ramarro

dell’infanzia che si sottrae

al gioco della mano.

Arroccato

nel torrione più alto

del tuo castello

a sciogliere l’amletico quesito,

ti escludi dalle piccole gioie

del quotidiano.

Sai, c’è calore nel sorriso di una donna,

che scioglie stalattiti e placa l’arsura

del greto disseccato.

Vivi in un bunker,

e i tuoi guardiani

sparano a vista

su chiunque si avvicini

al tuo rifugio

dove non cogli l’ellisse

della rondine superstite,

vanificando il gesto amicale

che incarna il rosato colore del melo

quando fruttifica,

fino a morirne.

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