Non so
se mi risponderai.
Tutto preso, come sei
ad inseguire fantasmi
del passato,
a formulare teorie
del possibile,
a catturare
l’attimo che fugge,
nella tagliola insidiosa
del bicchiere.
Eppure,
scrivi poesie
che mi lasciano dentro
sementi di luce
che germogliano lune,
e m’innamora
la studiata congettura
del tuo verso malinconico,
parimenti al canto
d’usignolo nella gabbia.
Leggendoti,
mi palesi il vaneggiare
sommesso di utopie,
alle quali ti aggrappi,
come bimbo all’altalena,
quando vola.
Mi appari canuto,
invecchiato lo spirito
che per elezione del fato
ereditò innocenze,
e sfugge all’analisi
il tuo sguardo
mentre innalzi
il logorato alibi
del vivere,
ad assolvere dimenticanze.
Non so capire,
le tue dicotomie
laceranti,
non assolvo
colpevoli silenzi,
So che non risponderai.
Tutto preso come sei
nella conta del reso,
a impilare manoscritti
come papiri preziosi
da sottrarre all’attacco
del tarlo,
a navigare nella polvere
della tua scrivania
sommersa di post scriptum,
ad inseguire il ramarro
dell’infanzia che si sottrae
al gioco della mano.
Arroccato
nel torrione più alto
del tuo castello
a sciogliere l’amletico quesito,
ti escludi dalle piccole gioie
del quotidiano.
Sai, c’è calore nel sorriso di una donna,
che scioglie stalattiti e placa l’arsura
del greto disseccato.
Vivi in un bunker,
e i tuoi guardiani
sparano a vista
su chiunque si avvicini
al tuo rifugio
dove non cogli l’ellisse
della rondine superstite,
vanificando il gesto amicale
che incarna il rosato colore del melo
quando fruttifica,
fino a morirne.